Dopo l'Introduzione, il volume (di 130 pp.) si struttura in tre capitoli:
I - Il senso del mondo in quanto indicibile
II - Il silenzio attivo negli anni di mezzo e la filosofia dopo il ritorno a Cambridge
III - Verso una nuova antropologia
I - Il senso del mondo in quanto indicibile
II - Il silenzio attivo negli anni di mezzo e la filosofia dopo il ritorno a Cambridge
III - Verso una nuova antropologia
Nel libro è definita l'importanza che Ludwig Wittgenstein attribuisce al silenzio.
Parlare del silenzio è, insieme, parlare del linguaggio: l'ineffabile non è tanto qualcosa da raggiungere, ma si situa dentro le possibilità espressive; accompagna il linguaggio e ne definisce la chiarezza. Ciò che non si può esprimere viene mostrato dall'uso sensato e pertinente della parola.
Silenzio in Wittgenstein non è elaborazione di disagio, ma orizzonte che si accompagna necessariamente alla posizione del problema ontologico e antropologico del linguaggio.
Il limite non è confine che separa due zone, ma limite tracciato dall'interno, ossia nel linguaggio. Il limite è delimitazione che apre il campo del dicibile. Wittgenstein identifica il pensiero col linguaggio, ma non pensa a un linguaggio ideale. L'analisi del pensiero non si può fare se non come analisi della dicibilità. È inesprimibile in primo luogo l'esistenza del mondo: che il mondo è, contrapposto alla nostra esperienza di come è il mondo.
Wittgenstein, a proposito del suo Tractatus logico-philosophicus, definirà insensate le sue stesse proposizioni; perchè non dicono dei fatti, ma mostrano le condizioni di senso del linguaggio.
"Le mie proposizioni illustrano così: colui che
mi comprende, infine le riconosce insensate,
se è salito per esse - su esse - oltre esse (Egli
deve, per così dire, gettar via la scala dopo che
v'è salito). Egli deve superare queste proposi-
zioni; allora vede rettamente il mondo."
[Tractatus, 6.54]
L'assunzione del silenzio non dipende da una teoria; essa scaturisce direttamente dall'esperienza del senso della vita e dalla visione, alla luce di questo, del senso del linguaggio.
Il Tractatus, in un certo senso, ci porta alla fonte della filosofia: osserva le cose con lo stupore della prima volta perchè le fa apparire per quello che sono.
E i vari giochi delle Ricerche filosofiche, afferma Massimo Cacciari [Krisis. Saggio sulla crisi del pensiero negativo da Nietzsche a Wittgenstein, Feltrinelli, Milano 1975], sono del tutto analoghi alle proposizioni della scienza naturale, che è quanto si può dire alla fine del Tractatus. Il limite che il mistico traccia è proprio la condizione del formalismo del Tractatus, che così direttamente si riallaccia agli sviluppi successivi del pensiero wittgesteiniano. È il mistico, allora, il primo passo verso il punto di vista del gioco. L'intuizione del mondo sub specie aeternitatis, dà lo spazio alle proposizioni scientifiche e alla varietà dei giochi.
Il mistico non è da trovare come il misterioso, il meraviglioso, come qualcosa che ci manca. Non è sapere occulto. Il mistico non è il misterioso che ci inquieta, ma la condizione indicibile dell'esperienza dicibile, lo sfondo che dà significato e definisce l'atteggiamento corretto che dobbiamo mantenere verso questo mondo e il linguaggio che ci è assegnato.
"Su ciò, di cui non si può parlare,
si deve tacere"
[Tractaus, 7]
L'impossibilità per il linguaggio di uscire dai propri limiti è solo l'impossibilità che esso sia altro da ciò che è. È invece superstizione, trattare il mondo del linguaggio come se in esso vi potesse essere il senso assoluto. Il silenzio è abitabile, perfettamente.
www.filosofico.net/witteg.htm
www.windoweb.it/guida/cultura/biografia_Ludwig_Wittgenstein.htm
www.fannyalexander.org/monthly/05/scrabble.htm
www.filosofico.net/linksfilos.html
Silenzio in Wittgenstein non è elaborazione di disagio, ma orizzonte che si accompagna necessariamente alla posizione del problema ontologico e antropologico del linguaggio.
Il limite non è confine che separa due zone, ma limite tracciato dall'interno, ossia nel linguaggio. Il limite è delimitazione che apre il campo del dicibile. Wittgenstein identifica il pensiero col linguaggio, ma non pensa a un linguaggio ideale. L'analisi del pensiero non si può fare se non come analisi della dicibilità. È inesprimibile in primo luogo l'esistenza del mondo: che il mondo è, contrapposto alla nostra esperienza di come è il mondo.
Wittgenstein, a proposito del suo Tractatus logico-philosophicus, definirà insensate le sue stesse proposizioni; perchè non dicono dei fatti, ma mostrano le condizioni di senso del linguaggio.
"Le mie proposizioni illustrano così: colui che
mi comprende, infine le riconosce insensate,
se è salito per esse - su esse - oltre esse (Egli
deve, per così dire, gettar via la scala dopo che
v'è salito). Egli deve superare queste proposi-
zioni; allora vede rettamente il mondo."
[Tractatus, 6.54]
L'assunzione del silenzio non dipende da una teoria; essa scaturisce direttamente dall'esperienza del senso della vita e dalla visione, alla luce di questo, del senso del linguaggio.
Il Tractatus, in un certo senso, ci porta alla fonte della filosofia: osserva le cose con lo stupore della prima volta perchè le fa apparire per quello che sono.
E i vari giochi delle Ricerche filosofiche, afferma Massimo Cacciari [Krisis. Saggio sulla crisi del pensiero negativo da Nietzsche a Wittgenstein, Feltrinelli, Milano 1975], sono del tutto analoghi alle proposizioni della scienza naturale, che è quanto si può dire alla fine del Tractatus. Il limite che il mistico traccia è proprio la condizione del formalismo del Tractatus, che così direttamente si riallaccia agli sviluppi successivi del pensiero wittgesteiniano. È il mistico, allora, il primo passo verso il punto di vista del gioco. L'intuizione del mondo sub specie aeternitatis, dà lo spazio alle proposizioni scientifiche e alla varietà dei giochi.
Il mistico non è da trovare come il misterioso, il meraviglioso, come qualcosa che ci manca. Non è sapere occulto. Il mistico non è il misterioso che ci inquieta, ma la condizione indicibile dell'esperienza dicibile, lo sfondo che dà significato e definisce l'atteggiamento corretto che dobbiamo mantenere verso questo mondo e il linguaggio che ci è assegnato.
"Su ciò, di cui non si può parlare,
si deve tacere"
[Tractaus, 7]
L'impossibilità per il linguaggio di uscire dai propri limiti è solo l'impossibilità che esso sia altro da ciò che è. È invece superstizione, trattare il mondo del linguaggio come se in esso vi potesse essere il senso assoluto. Il silenzio è abitabile, perfettamente.
www.filosofico.net/witteg.htm
www.windoweb.it/guida/cultura/biografia_Ludwig_Wittgenstein.htm
www.fannyalexander.org/monthly/05/scrabble.htm
www.filosofico.net/linksfilos.html